Rifiuti pericolosi, l'inchiesta dell'Antimafia di Firenze tocca anche l'Aretino
ArezzoTV
Un traffico illecito di rifiuti anche pericolosi che avrebbe prodotto un profitto di oltre 21 milioni di euro. È questa l’ipotesi della Procura antimafia di Firenze che indaga su un presunto traffico illecito di rifiuti. Cinque le persone iscritte nel registro degli indagati. Le perquisizioni hanno interessato le province di Firenze, Arezzo, Roma, Viterbo, Pisa e Brescia. Per quanto concerne il territorio aretino, hanno riguardato principalmente la Chimet, l’azienda di Badia al Pino specializzata nel recupero degli scarti dei metalli preziosi. In tutto sono state otto le aziende perquisite dai carabinieri del Noe e del reparto operativo Ecologico. La Procura ipotizza un traffico illecito traffico di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi, circa 84.000 tonnellate avviate al recupero e 12.000 tonnellate allo smaltimento. Tra il 2012 e il maggio 2023, quegli scarti dopo essere stati declassificati in rifiuti non pericolosi sarebbero stati avviati al recupero, fino al novembre 2021 in impianti, secondo la procura compiacenti, anche grazie alla predisposizione di documentazione ad hoc. Non essendo autorizzate alla ricezione di rifiuti pericolosi, secondo la Procura si sarebbe fatto perdere lo status di rifiuto e la conseguente tracciabilità, mediante la produzione di aggregati riciclati non legati, commercializzati come materie prime e secondarie ad aziende, allo stato terze non indagate, attive nel settore dell'edilizia. Sarebbero stati così incassati, solo per il produttore, profitti per almeno 21 milioni di euro. Anche la filiera successiva grazie a questo escamotage avrebbe accumulato guadagni per 5,7 milioni di euro. Già nelle scorse ore dalla Chimet era stato precisato che la perquisizione effettuata dai carabinieri del Noe sarebbe "l'ennesima verifica riguardante il codice attribuito al rifiuto risultante all'esito del processo di recupero dei metalli preziosi. Nello specifico, il controllo si è incentrato sul conferimento di tale rifiuto, ai fini del suo recupero, a un impianto del Viterbese che si è protratto, sotto il costante controllo di Arpa Toscana e Lazio, Regione Toscana e Regione Lazio, dal 2012 al 2021. L’azienda è fermamente convinta di aver sempre attribuito un corretto codice al rifiuto, in ciò confortata dai sistematici e approfonditi controlli cui è sempre stata sottoposta".