Polmoniti, una ricerca sull’ossigenazione del sangue ne migliora il trattamento
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Una ricerca sull’impiego di diversi indici di ossigenazione per arrivare a stilare la prognosi di quasi 400 pazienti con polmonite da COVID-19. È quella condotta all’ospedale di Arezzo nella UOC di Pneumologia e UTIP, diretta dal dr. Raffaele Scala, dalla biologa Laura Carrassa. La dottoressa ha potuto effettuare i suoi studi grazie ad una borsa di studio offerta da Fondazione Cesalpino e Calcit Arezzo, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “Pneumonia”.
La ricerca ha evidenziato l’utilità dei diversi indici di ossigenazione per predire la prognosi in quasi 400 pazienti con polmonite da COVID-19 tratta con supporti respiratori non invasivi cioè alti flussi, casco e ventilazione non invasiva. Trattamenti che variamente integrati hanno mostrato di essere efficaci evitando l’intubazione in quattro casi su cinque e riducendo drasticamente il tasso di mortalità e la lunghezza della degenza. La gravità della polmonite, e la risposta al trattamento non invasivo, sono in genere stimati applicando un solo indice di ossigenazione che non ha dimostrato di essere accurato in tutti i casi. La novità dello studio è rappresentata dal fatto che, per la prima volta, è stato dimostrato che l’impiego di 6 diversi indici di ossigenazione, ricavabili da un prelievo arterioso, aumenta la capacità del clinico, dopo poche ore di trattamento, di capire l’andamento della polmonite: in altri termini, applicando più di uno di questi parametri è possibile sapere precocemente se il paziente può continuare ad essere assistito con tecniche ventilatorie non invasive o se richiede, invece, una rapida intubazione con ventilazione invasiva e trasferimento in Rianimazione.