Colpi agli orafi: 11 arresti nell’Aretino. “Smantellata organizzazione criminale”
ArezzoTV
“Un sodalizio criminale stabile, con una precisa base logistica.”
E’ la procuratrice capo di Arezzo Gianfederica Dito a dare i dettagli in una conferenza stampa presso il tribunale di Arezzo, dell’operazione condotta dai carabinieri di Arezzo coadiuvati nella fase esecutiva dai carabinieri delle provincie di Firenze, Caserta, Napoli e Salerno e denominata "Gold strike”, che ha portato a smantellare quella che è stata definita “un’associazione a delinquere” specializzata in rapine ai danni di aziende e gioiellerie del settore orafo.
Nell’Aretino avevano messo a segno il colpo alla ditta orafa Horo di Badia al Pino.
Era il 28 giugno del 2024, quando i banditi agirono davanti alla ditta, spruzzarono spray urticante sugli occhi dell'imprenditore e gli strapparono dalle mani una verga d'oro del valore di 600 mila euro. In tutto 13 gli indagati, di cui sette si trovano in carcere, quattro agli arresti domiciliari, gli altri sono indagati a piede libero. I reati contestati vanno dall'associazione per delinquere, al furto, alla rapina fino alla ricettazione.
Secondo gli inquirenti era “un 53enne campano l'organizzatore e stratega delle rapine, esperto nella pianificazione e gestione operativa dei colpi”, mentre “un 51enne della provincia di Caserta ma da anni residente ad Arezzo, era colui che forniva il supporto logistico e metteva a disposizione il proprio capannone per nascondere e modificare i mezzi da utilizzare per le rapine”.
Poi c'erano “gli esecutori materiali delle rapine, un 52enne ed un 28enne di origine partenopee; un 65enne aretino, già noto alle forze dell'ordine per reati contro il patrimonio, suggeriva gli obiettivi e ne studiava i punti deboli; un 54enne aretino (ex orafo) che forniva le informazioni utili per i colpi da eseguire e anello di congiunzione per la successiva collocazione dei proventi delle rapine, poiché in grado di piazzare sul mercato li metallo.”
In un solo caso, quello della Horo di Badia al Pino, è stato coinvolto un dipendente infedele, braccio destro dell’imprenditore orafo. L’uomo, di origini straniere, avrebbe fatto da basista. Era stato l’atteggiamento durante il colpo, visionato dagli inquirenti grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza, ad insospettire i militari. La banda aveva una base logistica, un magazzino nel comune di Arezzo, individuato dagli inquirenti. I metalli preziosi finivano poi nel mercato della ricettazione.
“L'oro ha avuto due strade, una aretina e una campana - conferma il tenente colonnello Silvia Gobbini comandante della compagnia carabinieri di Arezzo – in parte è stata ricostruita la filiera della ricettazione, c'è anche un compro oro aretino”.
La banda stava predisponendo altri assalti nell’Aretino e nel Fiorentino. I militari hanno recuperato una verga d’oro, che dovrà essere analizzata e 20 kg di argento lavorato.