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Uccise il vicino che gli demoliva casa con una ruspa. L'11 novembre forse la sentenza

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E' terminata oggi, presso la Corte d'Assise di Arezzo, la fase dibattimentale per il processo di primo grado a carico di Sandro Mugnai, l’artigiano 54enne, che il 5 gennaio 2023 a San Polo, frazione di Arezzo, uccise con il fucile da caccia, Gezim Dodoli, il vicino che gli stava distruggendo casa con una ruspa. Omicidio volontario è l’imputazione per Mugnai. La legittima difesa, anche nella forma dell’eccesso, è stata rigettata dal gip Claudio Lara con rinvio degli atti alla procura.
Sul banco dei testimoni anche Don Natale Luciana Gabrielli, parroco di San Polo, sentito solo dall’avvocato di parte civile, le difese hanno rinunciato al suo esame.
L’assalto con la ruspa fu per Mugnai, come ha sempre sostenuto lui stesso, una minaccia improvvisa che metteva a rischio la sua incolumità e quella dei familiari radunati all’interno dell’abitazione per la cena. Reagì con la carabina da caccia al cinghiale, regolarmente detenuta ed esplose alcuni colpi. Dodoli morì nella cabina di guida del mezzo meccanico.
“Pietà umana per la vittima - ha detto Don Natale all’uscita dall’aula - ma qui si tratta di un’ingiusta aggressione. E’ una questione di verità e di giustizia”.
Per l’accusa, invece, gli spari iniziarono quando la vittima era ancora nella fase di danneggiamento delle auto, all’esterno, quindi non vi era un reale pericolo di vita. E' stato uno dei periti della difesa ad escludere questa ipotesi. “Lo escludo nella maniera più assoluta – ha detto il perito balistico Maurizio Boldrini fuori dall'aula – la mia ricostruzione mi porta ad avere fortissime evidenze in questo senso. I colpi esplosi da Mugnai sono cinque e non sei – ha proseguito Boldrini – il primo colpo sparato a terra, il secondo è quello che ha impattato il lunotto frontale in alto a sinistra che ha determinato la rottura del cristallo posteriore”.
Mai colpi da dietro, ma “sparati dalla finestra”, ha precisato Boldrini. Secondo l'ingegnere Emanuele Del Monte, un altro consulente della difesa, i danneggiamenti subiti dall’abitazione potevano portare al crollo, se i colpi di benna non fossero terminati.
“L'abitazione era ad un livello di danno significativo – ha spiegato Del Monte - per cui probabilmente se l’azione dei colpi sulla struttura fossero proseguiti, una parte di tetto, quella prospiciente la finestra sul sul lato principale dell'abitazione, sarebbe crollata. Le scale esterne presentavano un danneggiamento per cui l’uscita era estremamente difficoltosa”. In aula è stata ascoltata anche la relazione della terza consulente della difesa, la psichiatria Guendalina Rossi, che ha spiegato la condizione psichica di Mugnai, che aveva percepito un rischio di morte per sé e per i suoi familiari.
“E' un funzionamento psichico che a livello delle strutture cerebrali garantisce la conservazione della specie – ha detto la dottoressa Rossi - strutture cerebrali arcaiche a livello sottocorticale, che devono provvedere alla tutela della sopravvivenza e rispondere in maniera improvvisa e rapida a rischi mortali”. Si torna in aula l'11 novembre, potrebbe essere il giorno della sentenza per Sandro Mugnai.

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